Talk: “Lo spazio nella scultura e nell’installation art. Una proposta ispirata dal lavoro di Susanne K. Langer” at SWIP Italia workshop

On December 13th 2018 I will deliver the talk “Lo spazio nella scultura e nell’installation art. Una proposta ispirata dal lavoro di Susanne K. Langer” at the workshop “Le donne filosofe dall’antichità ai giorni nostri” organized by Società Italiana per le Donne in Filosofia (SWIP Italia) at the University of Bergamo. Here you can find the program of the event and the abstract of my talk.

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Abstract

Langer.jpgL’opera di Susanne K. Langer è un importante punto di riferimento per l’estetica. Nel mio intervento sosterrò che alcune osservazioni di Langer sull’esperienza delle opere di scultura non solo illuminano aspetti centrali dell’arte scultorea (come già sostenuto da Robert Hopkins in “Sculpture and Space”, in Kieran, M. e Lopes, D. (a cura di), Imagination, Philosophy and the Arts, Routledge 2003), ma contribuiscono anche alla più profonda comprensione di una pratica artistica di origine più recente: la installation art.

Langer (Feeling and Form, Scribner 1953: 86-92) osserva:

            1) che la nostra esperienza dello spazio che ci circonda è organizzata in funzione dei possibili movimenti e delle possibili azioni che potremmo compiere in tale spazio;

            2) che quando esperiamo una scultura, siamo in grado di immaginare di vedere lo spazio attorno a essa come se fosse organizzato in funzione dei possibili movimenti e delle possibili azioni della scultura. Secondo Langer, l’esperienza di una scultura è legata essenzialmente all’esperienza di organizzazione dello spazio attorno a essa – cosa che non avviene, per esempio, nel caso dell’esperienza di un dipinto.

Hopkins (2003) evidenzia che l’analisi di Langer si concentra su un aspetto centrale dell’esperienza di molte sculture, ma non di tutte: i ritratti in forma di busto, per esempio, sono sculture che non sembriamo esperire immaginando di vedere lo spazio attorno a esse organizzato dai loro possibili movimenti e azioni.

La mia ipotesi è che Langer abbia individuato un aspetto distintivo dell’esperienza di molte sculture così come di molte opere d’installation art.

Spesso, chi distingue fra scultura e installation art sostiene che mentre le sculture sono opere che occupano uno spazio limitato all’interno dell’ambiente in cui sono esposte, le opere d’installation art sono tutt’uno con tale ambiente (v. p. es. la voce “Installation Art” nel dizionario online di termini artistici delle Tate Galleries: https://www.tate.org.uk/art/art-terms/i/installation-art). Per esempio, Bang – un’opera d’installation art di Ai Weiwei – era costituita da 886 sgabelli recuperati da scuole distrutte dal terremoto del 2008 nella regione del Sichuan, che componevano un’ampia struttura rizomatica installata nel 2013 in un padiglione della Biennale di Venezia.

Se però, come sostiene Langer, per molte sculture un certo tipo di esperienza dello spazio attorno a esse è centrale per un’appropriata esperienza di tali opere, sembra che il ruolo dello spazio espositivo non possa fungere da discrimine fra opere d’arte scultorea e opere d’installation art.

Langer, piuttosto, può aiutarci a comprendere l’installation art. Esperire Bang, per esempio,significava trovarsi circondati dagli sgabelli, molti dei quali sospesi scompostamente a mezz’aria, come a ricostruire un istante durante una violenta scossa di terremoto. Immaginare di vedere lo spazio attorno agli sgabelli come organizzato in funzione dei loro possibili movimenti era certamente un aspetto centrale dell’esperienza dell’installazione.

La mia proposta è che molte sculture e molte opere d’installation art condividono la capacità di orientare la nostra attenzione su oggetti tridimensionali spazialmente collocati che coinvolgono la nostra immaginazione visiva nella particolare maniera descritta da Langer. Che ne è, dunque, dell’ipotesi che le opere d’installation art si distinguano dalle sculture per via del loro rapporto con lo spazio d’installazione?

Ritengo che si possa recuperare il senso di questa idea appoggiandosi alla teoria sulla definizione delle forme d’arte avanzata da Dominic Lopes (Beyond Art, OUP 2014: cap. 7). Secondo Lopes, in linea di principio due forme d’arte diverse possono impiegare lo stesso medium, ma differire nelle consuetudini di apprezzamento del medium. La mia proposta è che la situazione di scultura e installation art è proprio un caso del genere.

Un medium artistico è un materiale (o un agglomerato di materiali) ad alcuni aspetti del quale dobbiamo prestare attenzione per apprezzare appropriatamente un’opera in una certa forma d’arte come tale. La consuetudine di apprezzamento di certi aspetti di un certo medium è distintiva di una particolare forma d’arte. Per esempio, nel caso della pittura a olio, la consuetudine prevede di prestare attenzione alle configurazioni e ai colori impressi tramite pennellate su superfici bidimensionali (il medium), concentrandoci p. es. sul contenuto figurativo che veicolano e sulle proprietà espressive di cui costituiscono la base di emergenza.

Sia nel caso della scultura che in quello dell’installation art, il medium è costituito da oggetti tridimensionali spazialmente collocati che coinvolgono la nostra immaginazione visiva nella particolare maniera descritta da Langer. Tuttavia, mentre la consuetudine di apprezzamento della scultura prevede che ci si concentri sull’oggetto scultoreo e sull’immaginazione delle sue potenzialità di movimento nello spazio, la consuetudine di apprezzamento delle opere d’installation art prevede che l’osservatore si concentri sulla propria presenza fisica all’interno di uno spazio condiviso con oggetti tridimensionali di cui può immaginare visivamente le potenzialità di movimento nello spazio. Apprezzare Bang richiede di concentrarsi su che effetto fa sentirsi circondati da 886 sgabelli che possiamo immaginare di vederci cadere addosso.